Ci sono viste al mondo dinanzi alle quali uno si sente fiero di appartenere alla razza umana. Bagan all’alba è una di queste”. (Tiziano Terzani, In Asia)

Ciò che vi serve per visitare Bagan (nel Myanmar centrale), oltre a una generosa dose di rispetto e di curiosità, sono un paio di scarpe facili da sfilare, acqua e un cappello.

Siete innanzi a una valle che accoglie circa 2500 templi, per la precisione stupa e pagode. Nel sud-est asiatico il termine stupa viene usato per indicare una struttura buddhista, la cui funzione principale è quella di conservare reliquie, mentre la pagoda indica un edificio che può essere usato anche per attività laiche. Fate silenzio o parlate a bassa voce, vestitevi come si conviene a un luogo sacro e toglietevi scarpe, calzini e cappello prima di accedere all’interno dei templi. Come in tutti gli edifici buddhisti è obbligatorio entrare scalzi ed è vietato fotografarsi accanto a una statua di Buddha, ma il campionario di emozioni e la differente gamma di architetture e opere artistiche che troverete sono una bella ricompensa per quel poco di pazienza e osservanza che viene richiesta.

Sorvolando la piana di Bagan in aereo, all’improvviso vedrete pinnacoli costellare la vegetazione lussureggiante, e poi stupa e pagode a perdita d’occhio, in un alternarsi di aree verdi e rurali, attraversate solo da muli, capre e vacche, che incedono su stradine polverose. Può capitare di arrivare a Bagan quando è immersa nella nebbia o al calar delle tenebre, e di vedere le sagome di centinaia di templi affiorare dal nulla. I pinnacoli spesso dorati (gli hti) e la natura incontaminata sono un invito a salire sulle terrazze mozzafiato di alcuni degli edifici più alti per ammirare un panorama a perdita d’occhio. Le scalinate nascoste e i suggestivi dipinti murali vi sorprenderanno per la loro diversità, dove immagini hindu e Buddha di stucco dipinto si mescolano ai nat (gli spiriti guardiani) della tradizione locale.

Nonostante discutibili restauri, forti sismi, secoli di incuria e razzie, l’antica capitale conserva circa 2500 edifici in mattone rosso, eretti fra il XI e il XIII secolo, ricchi di fascino misterioso e intrisi di forte spiritualità. Qui potrete vedere assorti monaci buddisti, e monache col cranio rasato nei loro abiti rosa. Armati di una buona mappa del sito, girovagate fra i tanti stupa senza fretta: la maggior parte di essi è accessibile e rivela interni sorprendenti o irrealmente deserti. Potreste essere colti nella penombra da un grande buddha dorato che vi osserva con aria benevola, o percepire il profumo di un’offerta votiva a base di fiori e frutta. Ma potreste anche imbattervi in qualche pipistrello che svolazza al buio delle stanze più interne.

Tra le centinaia di templi che potrete visitare, non fatevi sfuggire l’Ananda Pahto, uno dei più belli, meglio conservati e più venerati con il suo hti alto 52 m, luccicante nella pianura. L’edificio presenta la forma di una perfetta croce greca e ognuno dei quattro ingressi è sormontato da uno stupa ornamentale. Emblema dell’architettura sacra di Bagan, l’Ananda Pahto è ricco di splendidi elementi decorativi; al suo interno accoglie quattro Buddha in tek, alti oltre 9 m., e 554 formelle invetriate raffiguranti scene tratte dai Jataka (le vite anteriori del Buddha) decorano la base e le terrazze; immense porte di tek separano le varie sale.

La Shwesandaw Paya è un’armoniosa pagoda bianca dalla forma piramidale solcata da gradini che portano a cinque terrazze culminanti in uno stupa dorato circolare, dal quale si può godere di un panorama spettacolare, in particolare al tramonto; la leggenda narra che all’interno dello stupa fosse conservato il “capello sacro dorato” del Buddha, da cui deriva il nome. Un altro luogo perfetto per ammirare il tramonto è la Pyathada Paya, un’immensa pagoda risalente al XIII secolo, che grazie a una vastissima terrazza aperta sulla sommità, coronata da un’altra più piccola, offre una vista che toglie il respiro.

Molte leggende circolano sui fatti sanguinosi accaduti nel Dhammayangyi Patho, un tempio del XII secolo assai ben conservato e visibile da qualunque punto di Bagan, che deve la sua fama sinistra al mistero di tre cappelle e corridoi murati; i pipistrelli che volteggiano nel buio fra i rilievi a stucco concorrono ad aumentare l’atmosfera inquietante. Caso unico in tutta Bagan, l’unica cappella rimasta accessibile conserva due statue di Guatamna e Maitreya affiancate, il Buddha storico e quello del futuro.

Sulamani Pahto, chiamato il “gioiello supremo” per la raffinatezza della sua architettura, è immerso nella vegetazione e ha bellissime terrazze digradanti che gli conferiscono un aspetto piramidale. Il sikhara dorato (elemento ornamentale a forma di pannocchia) è una ricostruzione avvenuta dopo il  terremoto del 1975. L’interno dello stupa conserva ricchissimi elementi decorativi, elaborati stucchi, formelle invetriate e dipinti parietali. Al piano terra sono presenti quattro statue di Buddha collocate nei  punti cardinali.

Il Thatbynnyu Pahto, il cosiddetto “tempio dell’onniscienza”, squadrato e dipinto di bianco, è il più alto di Bagan ed è costruito su due livelli, da ognuno dei quali si dipartono tre terrazze orlate da guglie che conducono al sikkhara dalla punta d’oro, alto 63 m. Una curiosità: le terrazze accolgono delle rientranze che dovevano ospitare 539 tavole dei Jataka, ma sono inspiegabilmente rimaste vuote.

Se volete ammirare affreschi e dipinti unici per eleganza e importanza artistica potete spingervi fino al Nagayon, coevo all’Ananda, che contiene 28 immagini del Buddha sotto la scultura principale, o all’Abeyadana Pahto, che contiene 550 dipinti murali di scene tratte dai Jataka, o ancora al Gubyaukgyi, famoso per gli affreschi con scene di vita del Buddha e la raffigurazione di quattro sinodi buddhisti. Infine, il Lawkahteikpan Pahto rivela incantevoli affreschi con gli otto grandi miracoli di Buddha.

Concludendo il tour, che può proseguire per giorni alla scoperta di sempre nuovi luoghi di culto, soffermatevi alla Tharabar Gate, un’antica porta ad arco che dava accesso al sito originario del Palazzo di Bagan. È l’unica parte superstite delle mura del XI secolo, e vi si possono scorgere tracce delle antiche decorazioni in stucco; ai lati della porta si aprono due nicchie contenenti le statue dei nat posti a guardia dell’ingresso e venerati dalla gente del posto, che non oltrepassano la porta senza aver lasciato un’offerta, di solito profumati fiori di loto o un casco di banane.

Ora potete indossare nuovamente le vostre scarpe, ringraziando la terra che ha accolto i vostri piedi e accogliendo una bella notizia: nel mese di luglio 2019 l’UNESCO ha dichiarato il sito di Bagan Patrimonio dell’Umanità.

Pubblicato su Handbook Costa Smeralda, 16/09/2020

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