Sarai nota, durante il tuo quindicennio, come ragtime kid, come flapper o maschietta, come jazz baby e baby vamp. Danzerai nuovi balli moderni, né più né meno leggiadramente di come danzavi gli antichi”  – da Belli e dannati, di Francis Scott Fitzgerald.

Un’epoca frenetica, elettrizzante, densa di avvenimenti culturali e politici che cambieranno il mondo: stiamo parlando dei ruggenti Anni ’20, gli anni che hanno segnato la rivoluzione dei costumi investendo come un ciclone Parigi per arrivare fino agli Stati Uniti, a ritmo di charleston, fox-trot e jazz.

Con l’euforia decretata dalla fine della Grande Guerra, ufficializzata nel 1919 dal trattato di Versailles,  molti personaggi illustri della musica, dell’arte e della moda iniziano a contagiare il mondo con la loro creatività apportando nella società una ventata di ottimismo e di libertà, complici anche le prime scoperte tecnologiche che renderanno più facile e divertente la vita dei cittadini.

Comunicare con il resto del mondo diventa più facile grazie all’avvento del telefono e la musica si diffonde rapidamente tramite la radio e il grammofono; il cinema si trasforma in lungometraggio e la moda trasforma le donne. È l’epoca di Louis Armstrong, di F. S. Fitzgerald (Il grande Gatsby viene dato alla stampa nel 1925), Joséphine Baker, Picasso, Gide, Proust, Vionnet, Patou, Lanvin e Coco Chanel, e proprio quest’ultima propone un cambio drastico dell’ideale di donna, che esibisce la pelle abbronzata, le gonne corte e i capelli corti alla “garconne”.

Ispirandosi al rivoluzionario periodo storico che ha segnato una delle ere più glamorous di sempre, a Parma si terrà nel mese di giugno la mostra The Golden Twenties. Vita e moda del decennio de Les Années Folles, la prima collaterale in programma a Mercanteinfiera, l’appuntamento di Fiere di Parma dedicato ad antiquariato, design, modernariato e collezionismo vintage.

Con un metro appeso alle pareti – una sorta di miglio degli Anni Venti – la mostra racconta attraverso la moda gli anni folli di Coco Chanel, la diffusione dei beni di consumo durevoli celebrati da Henry Ford, gli anni del charleston e della grande motorizzazione di massa.

Questi anni di eccessi e di provocazioni resteranno nell’immaginario come gli anni che hanno liberato le donne dagli stereotipi ammuffiti di abiti castigati, retaggi dall’epoca vittoriana. Le flapper girl ballano il charleston, fumano la sigaretta col bocchino e si ritoccano il trucco in pubblico, bevono alcolici e hanno una sessualità disinvolta. Le gonne, termometro dell’emancipazione, vedono l’orlo salire inarrestabilmente: nel 1923 è alla caviglia, nel 1924 al polpaccio, nel 1925 appena sotto il ginocchio mentre nel 1927 finalmente lo supera, per la prima volta nella storia della moda.

Attraverso una linea temporale che racconta il decennio 1919-1929, saranno esposti oltre sessanta tra abiti, oggetti, accessori, preziosi tessuti e sete comasche risalenti al periodo dei Golden Twenties, dando vita a un’immersione dei sensi fra suoni e profumi, luccicanti paillettes e morbide piume. Una magica macchina del tempo, fra immaginarie Joan Crawford e Norma Shearer, riporterà il pubblico fino a l’ultimo frammento di vitalità prima del Venerdì Nero di Wall Street, nell’ottobre del 1929.

Grande protagonista della mostra è la seta, grazie alla collaborazione con le collezioni private del Museo della Seta di Como, l’unica istituzione museale al mondo in grado di descrivere l’intero processo di produzione tessile, dal baco da seta ai filati colorati, dalla stampa a mano alle collezioni di moda, attraverso un centinaio di pezzi – tra telai e filandine, pirole, tini per la tintura dal baco – frutto di donazioni fatte al museo tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta.

Il curatore della mostra Paolo Aquilini, precisa: “Non dimentichiamo che negli anni Venti viene scoperta la Tomba di Tutankamon, elemento che determina, anche nella moda, un revival della cultura egiziana. Gioielli, ornamenti, motivi iconografici vengono così riproposti, evidenziando quel forte connubio tra moda, storia e società”, e continua: “Ci saranno una ventina di vestiti splendidi, di altissima gamma, abiti da sera e da passeggio, e tanti ornamenti, dai ventagli da sera con le piume di struzzo di inizio anni Venti, alle borsette d’argento che le donne usavano per andare al teatro, e ancora fantastici 78 giri, essendo quelli gli anni del Charleston, durante i quali persino il modo di muoversi e di ballare cambia”.

Inoltre si potranno ammirare i gioielli, selezionati dalla storica del gioiello Bianca Cappello, raffinati pezzi unici in platino e diamanti, e scintillanti spille, anelli, bracciali e fibbie in strass e cristalli, impreziositi da decori raffinati e rigorosamente geometrici. Non mancheranno coloratissimi sautoir e lunghi orecchini in onice e diamanti, splendidi compagni delle danze più scatenate e sensuali, così come oggetti per il trucco, scatole portacipria e porta-profumo.

La mostra è curata da Paolo Aquilini, direttore del Museo della Seta di Como, e Clara Cappelletti, con la collaborazione della Fondazione Setificio, Associazione Ex Allievi del Setificio e il contributo di Ostinelli Seta, Clerici Tessuto, Bianca Cappello (storica e critica del gioiello) e Samuele Magri (storico dell’arte).

Perfetto corollario della prima mostra è la seconda collaterale in programma a Mercante in Fiera, Brillanti Illusioni: omaggio a Kenneth Jay Lane. Il Re dei falsi curata da Maria Teresa Cannizzaro, collezionista e studiosa di bijoux americani, e da Fiorella Operto, storica del costume, che presentano una magnifica carrellata di oltre cento bijoux americani. 

Kenneth Jay Lane (1932 – 2017) famoso bigiottiere americano, era l’elegante amico di nobildonne come la Duchessa di Windsor e Margaret d’Inghilterra, di celebri dive come Audrey Hepburn e Liz Taylor, e non ha mai smesso di voler essere un simbolo dello spirito democratico americano, perché, se è vero che “un diamante è per sempre, uno strass è per tutte”.

La mostra a lui dedicata è anche un omaggio al savoir-faire italiano che tanto contribuì a quello che lui stesso chiamò “the beautification of America”. “Italia, paese che amo e visito spesso e dai cui eccezionali musei traggo tanta ispirazione” diceva. Di italiano, infatti, apprezzava non solo la cultura e l’arte, ma anche la raffinata abilità degli artigiani che, emigrati dalla fine del 1800 a Providence (dove si era diplomato alla prestigiosa Rhode Island School of Design) ne animavano le numerosissime fabbriche di bijoux, fornitrici dei produttori di Hollywood.

Oggi le sue creazioni sono meno care di quelle preziose, ma eleganti e di buon gusto, e hanno acquistato una popolarità sempre crescente. Tanto che i suoi primi bijoux, come quelli disegnati per Jacqueline Kennedy dal 1962 in poi, sono andati all’asta in sedi prestigiose a prezzi non dissimili da quelli battuti per gioielli veri, poiché un pubblico sempre più vasto in vari continenti ha cominciato a collezionarli. Eclettico e colto, di se stesso amava dire di sentirsi essenzialmente un mercante, capace di trasformare le donne di ogni condizione sociale in Cenerentole che si recano al Ballo del Principe.

Ad arricchire l’esposizione pezzi iconici di maestri del design come Albini, Iosa Ghini e Fornasetti passando per i gioielli di David Webb o la moda rigorosamente vintage di Valentino, Chanel e Judith Leiber che seppe fare sognare le donne di mezzo mondo con le sue estrose clutch a forma di anguria.

Per realizzare questa mostra Mercanteinfiera ha ottenuto il patrocinio dello IAM – Italian American Museum di New York.

Pubblicato su Costa Smeralda, 27/02/2020

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