Realtà immobili e incantate, atmosfere pervase di magia e di sottile inquietudine sospese fra i contorni ben definiti di un’ispirazione “neoclassica”. Nel periodo che intercorre tra il 1920 e il 1935 il Realismo Magico in Italia attraversa il suo momento più creativo e originale, muovendosi tra un anelito di evasione e la contestazione del regime fascista in atto. Questa corrente artistica rappresenta il ritorno della pittura a un ricercato “arcaismo quattrocentesco” trovando punti di contatto con lo stile déco e contaminandosi con suggestioni metafisico/realistiche ricche di mistero, naturalismo e surrealismo.

Nel 1928, le parole dello scrittore, giornalista e drammaturgo Massimo Bontempelli ben sintetizzano il carattere di questa particolare declinazione dell’arte italiana, in bilico tra le due guerre mondiali. “Precisione realistica di contorni, solidità di materia ben poggiata sul suolo; e intorno come un’atmosfera di magia che faccia sentire, traverso un’inquietudine intensa, quasi un’altra dimensione in cui la vita nostra si proietta…”

Il Realismo Magico in Italia e in Europa

Utilizzato per la prima volta nel 1925 dal critico tedesco Franz Roh in un saggio dedicato alla pittura contemporanea, il termine Realismo Magico descrive un realismo ricco di dettagli minuziosi dall’effetto disorientante, ma capace di interpretare il quotidiano superando le tensioni dinamiche futuriste e le deformazioni dell’espressionismo. Questo fenomeno trova fra i suoi maggiori esponenti Felice Casorati, Antonio Donghi, Cagnaccio di San Pietro, Carlo Carrà, Ubaldo Oppi e Achille Funi, uniti in modo trasversale dalla riscoperta del valore della classicità figurativa e da quel senso di magia che investe il quotidiano, con uno sguardo naturalista e denso di stupore. In uno scenario immobile ed estatico, infatti, i personaggi sono colti nella vita di tutti i giorni e lasciano trapelare una struggente inquietudine interiore.

Pur incrociandosi con gli analoghi filoni realisti di paesi come la Francia, la Germania, l’Austria,  i Paesi Bassi e la Scandinavia, gli artisti italiani del Realismo Magico seguono percorsi individuali. Contrastando le ideologie nazionaliste e l’ingerenza del regime nelle loro scelte artistiche, attraverso l’immaginazione definiscono una nuova modalità espressiva dell’arte “algida, tersa, spesso indagata nei più minuti dettagli, talmente realistica da rivelarsi inevitabilmente inquietante e straniante” come affermano i curatori della mostra Realismo magico. Uno stile italiano Gabriella Belli e Valerio Terraroli.

La mostra Realismo Magico al Palazzo Reale

Con una accurata ricostruzione filologica e storiografica, la mostra in corso al Palazzo Reale di Milano fino al 27 febbraio 2022 presenta oltre ottanta capolavori della suggestiva e complessa corrente artistica, fornendoci un nuovo sguardo e una nuova chiave di lettura del Movimento, che mette al centro quel peculiare periodo storico artistico che ha subito a lungo una damnatio memoriae. Trent’anni dopo l’ultima mostra milanese dedicata al tema da Maurizio Fagiolo dell’Arco, questa mostra corale torna a far risplendere i capolavori italiani messi in relazione a opere della Neue Sachlickheit, la cosiddetta “Nuova oggettività” tedesca. Fu per primo Emilio Bertonati, grande gallerista e critico d’arte (1934-1981) ad aver il merito di far conoscere il Realismo Magico all’inizio degli anni Sessanta, attraverso la sede milanese e di Monaco di Baviera della Galleria del Levante. L’attuale mostra rende omaggio all’intuizione e intelligenza critica con cui Bertonati ha realizzato un’emblematica collezione privata presentandola integralmente insieme ad altre opere provenienti da importanti collezioni e da Musei.

Le opere e gli esponenti italiani del Realismo Magico

Nella prima sala già si delineano i contorni di quella resa pittorica “algida e tersa” così fedele alla realtà da risultare inquietante, come nell’opera Le figlie di Loth (1919), di Carlo Carrà, uno dei punti di partenza del Realismo Magico, ben lungi dall’essere un esempio di ingenuo primitivismo.
 Accanto al clima di attesa e di stupore si delinea un approccio al sovrannaturale che cambierà il corso dell’arte del periodo, proponendo una narrazione quieta e reminiscenze dell’arte antica in perfetto equilibrio. In un crescendo di tensione, l’algido e ieratico Ritratto di Silvana Cenni (1922) di Felice Casorati affianca l’Autoritratto di Giorgio de Chirico, l’Allieva di Mario Sironi dialoga con Gli amanti di Arturo Martini, dai rigonfi e soffocati volumi contrapposti, fino ad arrivare alla struggente Maternità di Achille Funi.

Recuperando i valori plastici dell’arte antica, da Giotto a Masaccio fino a Piero della Francesca, gli artisti la reinterpretano in chiave realistica e magica: fra questi anche Mario Broglio con Il romanzo, e Edita Broglio, sapiente pittrice presente con un consistente numero di opere. La scandalosa opera del futuro partigiano Cagnaccio di San PietroDopo l’orgia (1928), uno dei manifesti del Realismo Magico, sviluppa il tema del rapporto tra eros e thanatos, ma la sua allusività alla dissolutezza morale dei dirigenti mussoliniani gli costano il rifiuto della giuria della XVI Biennale di Venezia, presieduta dalla fedele alla linea Margherita Sarfatti.

I ritratti femminili

Oltre alla lunare Silvana Cenni, un popoloso mondo femminile pullula nell’orbita del Realismo Magico. Con uno sguardo intimo sulla femminilità, Donghi dipinge Donna alla toeletta Donna al caffè, affermando che “l’arte è il solo incanto concesso all’uomo”, mentre nella Donna allo specchio di Cagnaccio un’attrice si prepara per lo spettacolo e il suo volto riflesso lascia trasparire un mondo interiore tormentato, meditativo, quasi assente, regalandoci un toccante “naturalismo spettrale”. Sulla stessa linea Mario Tozzi ci regala La toeletta del mattino, un’astrazione metafisica del quotidiano in cui le figure non entrano in relazione con lo spettatore né fra loro. In una delle ultime sale, con la Maternità di Gino Severini si entra nella vita segreta delle cose, negli spaccati e nell’intimità familiari, prima di rituffarci nell’ambiguità del reale.

Da un lato, dunque, la mostra documenta la relazione con la cultura artistica tedesca degli anni Venti e dei primi anni Trenta, dall’altro può essere letta in chiave cronologico-filologica e tematica: dal ritratto alla maternità e ai bambini, dai nudi femminili all’eros e al paesaggio, dalla natura morta all’allegoria, con un’interessante punto di vista che permette di cogliere le novità interpretative che il Realismo Magico mise in campo rispetto ad alcuni generi della tradizione pittorica.

La mostra è dedicata a Elena Marco, giornalista colta e appassionata, collezionista sapiente e lungimirante, che ha condiviso il progetto espositivo e lo ha sempre sostenuto.

Pubblicato su Handbook Costa Smeralda il 25/01/2022

Immagine di apertura: Mario Broglio, Il romanzo, olio su tavola, collezione privata

Immagine 1: Cagnaccio di San Pietro, Donna allo specchio, 1927, olio su tavola. Collezione della Fondazione Cariverona (Archivio fotografico della Fondazione Cariverona)

Immagine 2: Arturo Martini, Gli amanti, 1920-21, gesso patinato. Milano, FAI – Fondo Ambiente Italiano, Villa Necchi Campiglio. Collezione Claudia Gian Ferrari

Immagine 3: Cagnaccio di San Pietro, Dopo l’orgia, 1928, olio su tela, collezione privata (Foto Mondadori Portfolio/Electa/Luca Carrà)

Immagine 4: Ubaldo Oppi, I tre chirurghi, 1926, olio su tela. Vicenza, Museo Civico di Palazzo Chiericati © Museo Civico di Palazzo Chiericati, Vicenza

Immagine 5: Ubaldo Oppi, Ritratto della moglie sullo sfondo di Venezia, 1921, olio su tela. Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, collezione privata

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