Vergini e sante, contadine e zarine, artiste e operaie, le donne russe dal XIV al XX Secolo sono le protagoniste della mostra Divine e Avanguardie. Le donne nell’arte russa al Palazzo Reale di Milano, che riaprirà a breve i battenti per restare aperta sino al 12 settembre 2021.

La mostra si inserisce nel palinsesto culturale cittadino I talenti delle donne, rassegna promossa dal Comune di Milano, che pone l’attenzione sulla figura femminile e il suo universo creativo. Grazie alla collaborazione con il Museo di Stato Russo di San Pietroburgo, l’evento curato da Evgenija Petrova (Direttore Scientifico del Museo) e Joseph Kiblitksy è dedicato alla significativa presenza delle donne russe nell’arte, attraversando epoche e stili, e soffermandosi su spaccati di vita privata e manifestazioni di impegno sociale, con una selezione di straordinaria varietà e pezzi mai visti finora in Italia. L’ampia carrellata di opere comprende sia le artiste dell’avanguardia russa che hanno influenzato l’arte mondiale del XX secolo, sia soggetti femminili ritratti da artisti russi di fama. 

La mostra è divisa in due parti, suddivise in 8 sezioni che con circa 90 capolavori, fra icone sacre, pitture a cavalletto, sculture, grafiche e raffinate porcellane, raccontano l’atmosfera storica, sociale e culturale in cui eroine di ogni estrazione sociale, ognuna a proprio modo, hanno lasciato il segno nella Russia di più generazioni.

La prima parte delle collezioni, con sette sezioni tematiche, indaga il ruolo femminile nella vita e nella società, mentre la seconda parte è dedicata alle protagoniste delle avanguardie artistiche russe del Novecento. Chiude il percorso una sala riservata alle grandi sculture monumentali dell’epoca sovietica, dove lo sfondo immersivo delle immagini dell’epoca fanno rivivere l’atmosfera e la cultura della Grande Madre Russia.

Il cielo – La Vergine e le sante

Il percorso è articolato fra antiche e preziose icone della Madre di Cristo, protettrice della Russia e venerata in tutto il Paese, e di alcune sante. Nelle famiglie russe tradizionali le donne si occupavano principalmente delle faccende domestiche e dell’educazione dei figli, e la religione rivestiva un significato particolare, poiché la devozione e la partecipazione ai culti della Chiesa ortodossa offrivano loro uno spazio altrove precluso. Le icone erano presenti anche nelle case più umili, dove venivano appese alle pareti o conservate nel cosiddetto krasnyj ugol (angolo rosso o angolo bello); questa tradizione vive ancora oggi, in particolare nelle case di campagna.

Il trono – Zarine di tutte le Russie

Dopo la morte dello zar riformatore Pietro il Grande, nel 1725,  in Russia ha inizio il periodo del regno “al femminile”: le zarine si siedono sul trono e dispongono di ampi poteri. In questa sezione della mostra si trovano esposti i ritratti di 6 delle 14 imperatrici, che regnarono dalla fine del XVII secolo al 1917. Qui trovano collocazione i dipinti legati alla tradizione delle icone e il ritratto di Marija Fëdorovna, madre di Nicola II, l’ultimo zar, rappresentata col tipico copricapo russo, elegante e volitiva. Il dipinto è di Ivan Kramskoj, considerato il capofila dei pittori “ambulanti” o “itineranti”.

Molto interessante è il confronto fra due ritratti di Caterina la Grande, imperatrice dal 1762: il primo è di Dmitrij Levitskij, uno dei più famosi artisti russi, che per questo ritratto ufficiale ricevette nel 1782 la somma di 500 rubli. La seconda tela è stata realizzata nell’aprile del 1787, durante un viaggio dell’imperatrice in Crimea, dal quasi sconosciuto Šibanov, che la dipinge come una donna anziana, con ciocche di capelli grigi che spuntano da sotto il cappello.

La terra – L’orizzonte delle contadine

Fino al 1861 i contadini, che rappresentavano la maggioranza della popolazione russa, vivevano come servi della gleba, non avevano alcun diritto, neanche quello di scegliere chi sposare. Aleksej Venetsianov è stato il primo artista russo a dipingerli con grande partecipazione emotiva. La sua opera Mattina della padrona di casa (1823) è un omaggio alla cultura contadina femminile, in cui ritrae la moglie mentre distribuisce i compiti della giornata alle giovani lavoratrici.

Kazimir Malevich è uno dei più lucidi interpreti dei difficili cambiamenti che sopraggiunsero dopo la rivoluzione del 1917: nonostante gli importanti moti, il passaggio del potere al proletariato si rivelò ben presto illusorio. Conscio del fatto che il suprematismo, avviato a metà degli anni Dieci, non fosse più la forma idonea per comunicare con operai e contadini,  tornò a immagini riconoscibili e diede vita al Supronaturalismo, come lui stesso indicò sul retro della cornice delle Ragazze nel campo, in cui i personaggi non sono più ritratti in modo realistico, ma proiettati fuori dal tempo.  

Verso l’indipendenza – Donne e società

All’epoca degli zar i cittadini russi erano divisi rigidamente in classi – nobili, clero, borghesi e contadini – e le loro diverse appartenenze erano evidenti nei diversi aspetti della vita quotidiana, negli abiti e nei comportamenti sociali. L’organizzazione in ceti venne abolita solo con la Rivoluzione, ma restava ancora forte la distinzione tra operai, contadini e intellighentsija.

Questa sezione propone ritratti di mogli di artisti molto importanti per la storia del Paese: fra queste la poetessa Anna Achmatova e Nadežda Dobičina, prima gallerista russa e capo sezione dell’arte sovietica presso il Museo Russo, a cui si avvicendano ritratti di musiciste, operaie, politiche, seguendo l’evoluzione degli stili tra XIX e XX secolo: realista, impressionista, simbolista, cubista, supronaturalista.

Le lavoratrici più umili sono le protagoniste delle opere di Kazimir Malevich – che ritrae una tipica donna sovietica degli anni Venti e Trenta, con i capelli corti e raccolti in fazzoletto – e delle Operaie tessili di Alexsandr Dejneka. La rivoluzione del 1917 ebbe inizio proprio dalle tessitrici della fabbrica Krasnaja Nit’ (Filo Rosso) a Pietroburgo, che il 23 febbraio scioperarono, chiedendo maggiori razioni alimentari e aumenti salariali.

La famiglia Rituali e convenzioni

Fino all’inizio del XX secolo, la famiglia imponeva rigide norme patriarcali alle donne, che si dividevano fra il lavoro domestico e quello nei campi, nelle lavanderie e nelle fabbriche, come raccontano in molte toccanti pagine Aleksandr Ostrovskij, Lev Tolstoj, Fëdor Dostoevskij, e tanti altri che si occuparono della condizione femminile. In questa sezione della mostra sono presenti alcune opere d’arte di denuncia sociale, come Prima dell’incoronazione, in cui Žuravlëv mostra tutta la disperazione di una giovane sposa destinata a un vecchio marito per questioni di interesse. Nella Presentazione della promessa sposa Grigorij Mjasoedov descrive l’umiliazione di una giovane donna nuda osservata dai futuri parenti in preparazione delle nozze. La vedovella, di Pavel Fedotov, è la triste moglie di un militare caduto in guerra, rimasta senza mezzi di sostentamento e senza casa, metafora dell’indigenza in cui vivevano molte vedove.

Madri La dimensione dell’amore

Fatta eccezione per un dipinto di Zinaida Serebrjakova, tra il XIX e il XIX secolo le opere dedicate alla maternità sono tutte di artisti uomini, e rivelano gli aspetti caratteristici delle tradizioni russe. La tela Il primogenito, dipinta da Ivan Pelevin nel 1888, è una descrizione minuziosa dell’ambiente domestico, con le stoviglie di terracotta, l’enorme stufa bianca, la culla in legno del neonato, che costituivano l’arredo caratteristico di una casa contadina. La statuetta di bronzo del soldato dipinta sul davanzale nel quadro Maternità di Kliment Red’ko, in cui una madre stringe teneramente il suo bambino, diventa protagonista dei turbamenti vissuti con la Rivoluzione del 1917 e della guerra civile che ne era seguita. Lillà e Mattino sono i capolavori di Boris Kustodiev, ed è emblematica la scultura del “milanese” Paolo Trubetskoj, che raffigura la principessa Marina Nikolaevna Gagarina, parente dello scultore in linea paterna, con la figlia Marina.

Il corpo – Femminilità svelata

A cavallo tra il XIX e il ХХ secolo si afferma come soggetto autonomo il nudo femminile, acquisendo una sua dignità accanto ai ritratti, ai paesaggi e ai quadri di soggetto mitologico e storico. Questo anche grazie all’emancipazione femminile che fece riconoscere alla società il diritto di mostrarsi pubblicamente senza veli. Nonostante le pudiche restrizioni imposte dal realismo socialista, alcuni artisti trattarono il nudo in modo audace, mostrando in modo insolente le forme non idealizzate delle modelle nei costumi da bagno tipici di quegli anni, come la Modella sullo sfondo di drappeggio azzurro di Vladimir Malagis.

L’evoluzione della figura nel nudo permette l’ampliamento del concetto stesso di bellezza nelle avanguardie della pittura russa. Donne formose, dai tipici tratti slavi vengono ritratte da Boris Kustodiev, mentre Michail Larionov, marito di Natalia Goncharova, accostandosi allo spirito del Neoprimitivismo dipinge una Venere dallo sguardo infantile e ingenuo in una nuova accezione di “bello”.

Le artiste Realismo e amazzoni dell’avanguardia

In questa sezione della mostra le donne si affrancano dal loro ruolo tradizionale, che le vedeva esprimersi essenzialmente nell’artigianato tessile, nel ricamo, nel lavoro a maglia, o nella creazione di giocattoli e stampe popolari. A partire dal XVIII secolo, nei ceti benestanti si diffonde l’uso di far prendere lezioni di disegno e pittura alle ragazze, che iniziarono a ricevere un’autentica formazione in campo artistico. Molte donne di talento trascorsero periodi di studio all’estero e alla fine del XIX secolo in Russia si contavano diverse artiste che al pari degli uomini esponevano alle mostre e partecipavano all’attività culturali.

L’ondata di creatività che investe la Russia è alla base della nascita e della fioritura di diverse forme d’arte innovativa, e Benedikt Livšits tratteggiò efficacemente donne contemporanee come Natalija Goncharova, Olga Rozanova, Ljubov Popova, Nadežda Udaltsova, “Amazzoni delle avanguardie”, artefici di un immenso contributo all’arte mondiale.

Natalja Goncharova (1881-1962), discendente da una nobile famiglia imparentata con il poeta Alexsandr Pushkin, senza dubbio è una delle personalità artistiche più intense e originali sulla scena delle avanguardie europee. Fu lei a portare all’apice la presenza delle donne artiste russe negli anni Dieci e Venti del Novecento, con la sua ricerca del “nuovo” e del “radicale” nell’arte, di cui era carica tutta l’avanguardia russa. Verso l’inizio degli anni Dieci, le icone, gli intagli su legno, le decorazioni sui telai, le stampe popolari (“lubki”) diventano oggetto di ispirazione, imitazione e collezionismo. Prende corpo una variante tipicamente russa del Neoprimitivismo, orientata sull’arte popolare, sulle tradizioni nazionali e sulla creatività dell’infanzia, esperienza che lascia un’impronta particolarmente profonda nell’opera della Goncharova. Gli alberi e le piccole figure umane del quadro monocromo Inverno (1908) sono dipinti volontariamente con scarsa incisività, come si rileva nei disegni dei bambini.

A partire dagli anni Ottanta iniziano a comparire nelle sale dei musei e nelle mostre lavori delle artiste dell’avanguardia come Ljubov Popova, Olga Rozanova, Zinaida Serebrjakova, che stupiscono tutti per la loro audacia e la intensa creatività. Aleksandra Ekster, Nadežda Udaltsova e Ljubov Popova danno vita a un’originale versione russa del Cubismo, il Cubo-Futurismo, con cui ognuna supera i confini della corrente artistica, alla ricerca di una propria espressione personale.

Nel 1932 una disposizione del Partito vieta tutti gli stili e le correnti: il realismo socialista viene scelto come espressione ufficiale dell’Unione Sovietica, e le donne artiste, come gli uomini, sono costrette a scegliere di adeguarsi o di uscire di scena, limitandosi all’attività privata. Questo stato di cose si protrarrà fino alla metà degli anni Sessanta.

L’esposizione si chiude con L’operaio e la kolkotsiana, l’opera più conosciuta di Vera Mukhina, diventata simbolo stesso dello Stato sovietico. La sua scultura in acciaio, realizzata in vista dell’Esposizione Universale di Parigi, si aggiudicò la presenza nel padiglione dell’URSS, grazie alla forte espressività delle due figure che reggono il martello e la falce. All’Esposizione del 1937 il padiglione della Russia si trovava proprio di fronte a quello tedesco, su cui troneggiava l’Aquila nazista: i due più assoluti totalitarismi del Novecento si guardavano a pochi metri uno dall’altro.

In attesa di poter riaprire le porte della mostra Divine e Avanguardie. Le donne nell’arte russa, il Palazzo Reale di Milano propone un ricco cartellone di attività in diretta streaming: lezioni, visite guidate e laboratori per bambini.

Pubblicato su Handbook Costa Smeralda

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