In un’estate segnata dal clima primaverile, con improvvisi temporali e venti freschi quando addirittura non pungenti, Parigi ha aperto le sue porte a colori e fiori capaci di ravvivare le giornate dei suoi abitanti e dei turisti che sono riusciti a raggiungerla nonostante le restrizioni della pandemia.

Sono le tinte gioiose e delicate delle fioriture dei ciliegi il soggetto romantico tratteggiato con ironia dall’artista Damien Hirst (Bristol, 1965), che si esibisce per la prima volta nella Ville Lumière, affrontando un tema per lui inedito, la pittura floreale. Hirst, che ci ha abituato alle sue opere dissacratorie – teschi tempestati di diamanti o disturbanti animali nella formaldeide, fra le altre – ha accolto l’invito di Hervé Chandès, direttore generale della Fondation Cartier per presentare 30 tavole della serie Cherry Blossoms, un omaggio sovversivo all’Impressionismo, al Pointillismo e all’Action painting.

La fioritura dei ciliegi, il soggetto della nuova mostra parigina

Cherry Blossoms è un tributo alla tradizionale pittura del paesaggio in un percorso che si muove fra l’astrazione e la figurazione. Pennellate dense di colori vibranti ricoprono tele dalle dimensioni monumentali, pannelli singoli e polittici, celebrando la bellezza del colore nel caos. Come lo stesso artista afferma: “I Cherry Blossoms parlano di bellezza, vita e morte. Sono estremi, c’è qualcosa di quasi pacchiano in loro. Sono come dei Jackson Pollock tormentati dall’amore. Sono decorativi ma tratti dalla natura. Riguardano il desiderio e il modo in cui elaboriamo le cose intorno a noi e ciò in cui le trasformiamo, ma anche la folle transitorietà visiva della bellezza: un albero in piena e pazza fioritura contro un cielo terso. È stato così bello realizzarli, perdersi completamente nel colore e nella pittura nel mio studio. Sono sgargianti, disordinati e fragili e parlano di me che mi allontano dal minimalismo e dall’idea di un pittore meccanico immaginario, e tutto questo per me è emozionante”.

Proseguendo nel rivoluzionario processo di esplorazione pittorica, Hirst si allontana dalle precedenti esperienze, ispirandosi ai grandi movimenti artistici della fine del XIX e del XX secolo e portando a compimento durante l’ultimo lockdown un lavoro triennale. “[La pandemia] mi ha dato molto più tempo per vivere con i dipinti, e guardarli, ed essere assolutamente certo che tutto fosse compiuto”, racconta. La serie completa Cherry Blossoms comprende 107 tele (tutte riprodotte nel catalogo della mostra), di cui 30 occupano lo spazio della Fondazione Cartier progettato da Jean Nouvel.

L’approccio alla pittura di Damien Hirst

Sono lontani gli anni in cui Hirst faceva parte degli Young British Artists, il gruppo artefice di quell’arte provocatoria che ha dominato la scena artistica britannica degli anni ‘90. Tuttavia, la pittura ha sempre giocato un ruolo essenziale nel suo lavoro: “Ho avuto una storia d’amore con la pittura tutta la mia vita, anche se l’ho evitata. Come giovane artista, reagisci al contesto, alla tua situazione. Negli anni Ottanta, la pittura non era proprio la strada da percorrere”. Dalla prima fascinazione per i dipinti a olio che realizzava la madre (tecnica che gli era preclusa quando era bambino), Hirst si avvicina al mondo della pittura con le prime tele ispirate all’espressionismo astratto, che definisce come un approccio “dipingi come ti senti”, serie conosciuta come Spot Paintings, dove punti colorati, che sembrano dipinti da una macchina, cancellano ogni traccia di intervento umano. Seguono i Visual Candy paintings, caratterizzati da spesse sbavature di vernice e da esuberanti colori sovrapposti, e più recentemente la serie Colour Space, una variazione intorno all’infinita possibilità del colore, per giungere ai Veil Paintings, dove macchie di vernice scintillano e coprono l’intera tela, celebrando la superficie della pittura, la profondità e il colore.

Il film documentario Cherry Blossoms

Nel film documentario realizzato da Hirst e la Fondation Cartier, l’artista parla nell’intimità del suo studio luminoso londinese, indossando scarpe da ginnastica e abiti schizzati di vernice, con un sottofondo di musica rock. In un secondo momento Hirst è seduto sulla sua leggendaria poltrona Chesterfield e guarda in silenzio i suoi quadri; e ancora viene colto mentre lancia i colori sulle tele in stile Jackson Pollock, o li applica diligentemente col tampone, alla maniera di Georges Seurat. La telecamera filma la danza dell’artista mentre si sposta fra le tele finché non sono interamente ricoperte di vernice, per poi ammucchiarle una sull’altra.
Queste rare immagini girate nel corso di un anno, corredate dall’intervista dello storico dell’arte e scrittore Tim Marlow, offrono un’immersione nel cuore del processo creativo di Hirst, fornendo le chiavi per comprendere il suo lavoro e la lunga indagine sul colore.

“Credo che, fin da giovane, volessi dipingere questo genere di opere, ma non ne avevo il coraggio. E poi il confinamento è arrivato e ho veramente avuto la fortuna di essere al centro di quella serie in quel momento”, spiega l’artista. Così, dopo aver affrontato i temi di morte, fragilità e impermanenza è ora il tempo di tornare a vivere, con la stessa forza e intensità con cui i ciliegi sbocciano, simboli di bellezza effimera e di rinascita. La mostra sarà aperta fino al 2 gennaio 2022.

Pubblicato su Handbook Costa Smeralda, 23/09/2021

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