Come lei stessa si definisce, Zanele Muholi è un’attivista visiva, ed è riconosciuta come una delle fotografe più acclamate dei nostri tempi, i cui lavori sono stati esposti in tutto il mondo. Proprio nel suo ruolo di attivista, fin dai primi anni del 2000 Zanele Muholi documenta e celebra la vita delle comunità nere lesbiche, gay, trans*, queer e intersessuali del Sudafrica e di altri paesi.

Muholi è nata e vive in Sudafrica, e il suo paese è il perno attorno al quale ruota la sua attività. Durante gli anni Novanta, infatti, il Sudafrica è stato interessato da grandi cambiamenti sociali e politici, e la Costituzione post-apartheid del 1996 è stata la prima al mondo a dichiarare illegale la discriminazione basata sull’orientamento sessuale. Nonostante ciò, la comunità LGBTQIA+ continua a subire violenze e persecuzioni diffuse, in Sudafrica come in tutto il mondo.

Il Gropius Bau di Berlino ha inaugurato a novembre 2021 la prima grande mostra tedesca sull’artista, curata da Natasha Ginwala, presentando la sua ampia e variegata carriera con una rassegna di oltre 200 fotografie che saranno visibili fino al 13 marzo 2022. Il lavoro di Muholi affronta a tutto tondo le tematiche delle discriminazioni sessuali, della violenza razziale e del bisogno di autoaffermazione di ogni individuo, e sfidando gli stereotipi dominanti e lo sguardo eteronormativo intende proporre un diverso modello di autonomia sociale, comunitaria e artistica.

Stephanie Rosenthal, direttrice del Gropius Bau, ci racconta: “Il lavoro di Muholi è una parte importante della programmazione del Gropius Bau basata su espressioni di guarigione e cura, comunità artistiche diverse e cambiamento socio-politico. Il loro lavoro mostra come la guarigione, l’empatia e l’empowerment possano persistere nonostante il trauma collettivo, e come la fotografia possa essere un mezzo per la riparazione e l’attivismo allo stesso modo. Sullo sfondo del cambiamento post-apartheid e della continua discriminazione contro la comunità LGBTQIA+, Muholi celebra una Blackness intersezionale nelle vite degli individui gender non-conforming”.

Le 200 opere in mostra e l’archivio vivente

Nella prima serie che incontriamo, Only Half the Picture, Muholi affronta aspetti e complessità delle esperienze omosessuali, catturandone sia i teneri momenti di intimità sia presentando parallelamente crude immagini che alludono a eventi traumatici della loro vita. Inoltre, con un compendio fotografico aggiuntivo mette in luce la propria posizione di attivista-organizzatrice impegnata nell’azione collettiva e nella difesa dei media, con la volontà di ispirare le giovani generazioni a un percorso di resistenza e liberazione dai pregiudizi.

Di particolare suggestione è l’archivio vivente, Faces and Phases, un lavoro importante che commemora e celebra le lesbiche nere, le persone trans* e gli individui non conformi al genere che stanno rischiando la loro vita nella lotta contro l’oppressione e la discriminazione, con testimonianze che raccontano storie personali e commemorano le persone che sono morte per difendere i propri diritti. Muholi scrive che “dopo quattordici anni, Faces and Phases è un archivio che conta diverse centinaia di ritratti che documentano la comunità nera LGBTQIA+ al fine di influenzare positivamente le politiche di visibilità in Sudafrica, e oltre”.

La serie Brave Beauties è un omaggio al potere delle persone non binarie e alle donne trans*, molte delle quali hanno vinto i concorsi di bellezza di Miss Gay. Being è una serie di immagini di coppie che affermano l’amore tra persone dello stesso sesso, sfidando gli stereotipi e i tabù di genere. Fotografie come Melissa Mbambo, Durban esprimono il tentativo di recuperare spazi pubblici per le comunità nere e queer, come ad esempio la spiaggia di Durban, a loro proibita durante l’apartheid. All’interno di queste serie, Muholi racconta storie collettive e individuali di successi, il ruolo delle famiglie, i drammi e i lutti, sfidando le nozioni preconcette di devianza e vittimismo, e incoraggiando gli spettatori ad affrontare i propri pregiudizi per dare vita a un senso condiviso di comprensione e solidarietà.

Nel 2012, Muholi si è dedicata a una famosa serie di autoritratti drammatici, intitolata Somnyama Ngonyama, in cui ha utilizzato pose, personaggi e archetipi per affrontare questioni di razza e genere. Oggetti di vita quotidiana come spugne, guanti di lattice e pneumatici vengono trasformati in oggetti di scena e costumi carichi di messaggi sociali. Attraverso queste opere vengono affrontati i temi del lavoro, del razzismo, dell’eurocentrismo e della politica sessuale, con commenti sugli eventi della storia del Sudafrica che Muholi riporta secondo il suo peculiare punto di vista, quello di una persona nera sudafricana che viaggia all’estero. Con scatti dai forti contrasti cromatici enfatizza il colore della pelle nera, esaltandone la fierezza e riaffermandone la bellezza, al di là degli stigmi razziali. Le grandi fotografie a colori della serie Queering Public Space (2006-2010) sono una raccolta di immagini scattate in spazi pubblici particolarmente significativi per connotazione sociale e storica: fra questi la Constitutional Hill, un sito chiave per la transizione democratica del Sudafrica, e Durban Beach, la spiaggia vicino al luogo di nascita dell’artista, Umlazi.

L’ampia rassegna è dunque un modo per avvicinarsi alla realtà della comunità LGBTQIA+ e al mondo delle discriminazioni razziali, partendo dal Sudafrica per trovare parallelismi con altre aree del mondo. L’arte diventa uno strumento di indagine e conoscenza, che nell’itineranza queer e nell’affermazione della blackness trova nuovi modelli per condurre un processo di trasformazione sempre più necessario e impellente.

Crediti fotografici ©Zanele Muholi

Pubblicato su Handbook Costa Smeralda il 10/02/2022

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