“L’archeologia si dedica alla ricerca dei fatti, non della verità… perciò toglietevi dalla testa città abbandonate, viaggi esotici e scavi in giro per il mondo; noi non seguiamo mappe di tesori nascosti, e la X non indica mai il punto dove scavare!”

Con queste parole Indiana Jones (un Harrison Ford all’apice del successo), in fuga dalla Germania a bordo di un dirigibile con il padre (uno straordinario Sean Connery), è costretto a fuggire inseguito dai nazisti e dal malefico Donovan per raggiungere Alessandretta, dove si dice sia custodito il Sacro Graal. Dopo rocambolesche lotte e sparatorie, Indy giunge nell’antico tempio che contiene la sacra reliquia e si trova faccia a faccia con il cavaliere crociato che da 700 anni la custodisce, e che gli propone l’ultimo enigma: tra tante coppe nella stanza deve sceglierne solo una, il vero Graal. Pena di un eventuale errore è la morte.

Non proseguiremo oltre per non rovinarvi il finale, ma possiamo raccontarvi che il famoso tempio di Alessandretta, in realtà è il monumento di El Khasneh al Faroun  in Giordania, precisamente a Petra.

Il sito di Petra fa parte del patrimonio mondiale dell’UNESCO dal 1985, ed è stato annunciato come una delle nuove Sette Meraviglie del Mondo.
Costruita dai Nabatei nel cuore delle montagne di Shara oltre duemila anni fa, Petra divenne una città fiorente nei primi secoli a.C ed era di vitale importanza per le rotte commerciali che collegavano l’antica Mesopotamia e l’Egitto. I Nabatei erano un popolo di commercianti di incenso, mirra e spezie provenienti dell’Arabia antica, e si insediarono nelle oasi del Nord Ovest, approssimativamente nell’area che fungeva da confine fra la Siria e l’Arabia, dall’Eufrate al mar Rosso. Esperti in ingegneria idrogeologica, costruirono Petra per dirottare le inondazioni dalla città di Wadi Musa con un canale lungo 88 metri scavato nella roccia. Non si ha traccia della civiltà nabatea nei testi antichi, ma la cultura di questo popolo è testimoniata dalla diffusione della loro lingua, attestata in un gran numero di graffiti e iscrizioni epigrafiche.

Anche se di preciso non si sa quando Petra fu costruita, pare che iniziasse a prosperare come capitale dell’Impero Nabateo dal I secolo a.C, diventando centro di importante rilevanza; fu poi incorporata nell’Impero Romano e continuò ad essere il centro delle attività fino a quando la colpì un forte terremoto, nel IV secolo d.C. Ne seguirono il declino e il successivo abbandono, e a partire dalla metà del VII secolo era conosciuta solo dai beduini della zona. Nel 1812 l’esploratore svizzero Johannes Burckhardt partì in missione alla scoperta di Petra: travestendosi da arabo convinse la sua guida beduina a portarlo nella città perduta e raccontò della sua scoperta nel diario di viaggio che venne pubblicato nel 1822, suscitando interesse in Europa e ispirando ulteriori spedizioni, che consacrarono la città come una fra le più affascinanti di tutto il mondo.

Conosciuta come la “Città Rosa”, grazie al colore delle rocce nelle quali sono scolpiti la maggior parte dei monumenti, Petra possiede numerosi templi, un teatro, tombe reali e in seguito all’incursione romana e alle influenze bizantine si possono ammirare anche chiese e una bellissima Strada delle Colonne. Oltre ai resti storici è ricca di aspetti naturali, culturali, archeologici e geologici.

Ma scopriamo qualcosa in più. Una gola stretta e lunga più di un chilometro, il Siq, risultato di una naturale apertura nella roccia, conduce i visitatori a Petra; si possono ancora osservare i due canali d’acqua scolpiti lungo la roccia su ambedue i lati. Oltre a rappresentare uno stupefacente ingresso alla città, il Siq conserva molti resti del passato, come la strada pavimentata, la stazione di Sabino Alexandros e pietre sacre nabatee.

Il Siq termina di fronte al più famoso e spettacolare monumento di Petra, El Khasneh, detto il Tesoro, un’esperienza unica per arte, architettura ed emozioni. Alto 40 m e magnificamente decorato con fregi, figure e capitelli corinzi deriva il suo soprannome dall’urna funebre che lo sovrasta e che secondo la leggenda dovrebbe contenere il Tesoro del Faraone. Gli esperti ritengono che sia stato costruito nel I secolo a.C, ma la funzione del monumento rimane ancora oggi un mistero.

Da non perdere però – e spesso succede ai visitatori stremati dalle lunghe camminate – la visita ad Al-Deir, il cosiddetto Monastero, forse per la presenza di croci scolpite sulle pareti interne che ne fanno suppore l’utilizzo come chiesa in epoca bizantina. Si trova all’estremità dell’ingresso principale, in cima a un sentiero di 800 gradini scavati nella roccia, quasi un tributo alla spiritualità fra rocce brune e suggestive. La facciata ricorda quella del Tesoro, ma oggi è più spoglia, e l’area antistante invita al raccoglimento e al silenzio (anche se non tutti i turisti l’hanno ben chiaro). Questo monumento ipogeo, la cui facciata è larga 45 metri e alta 42 metri, sembra essere una tomba o un edificio legato a un rito funerario; un’imponente urna alta 9 metri si trova alla sua sommità ed è accessibile da una scala.
La magnifica facciata cambia colore col declinare del sole e accarezza tutte le sfumature dall’ocra al terra rosato, premiando il visitatore per le lunghe ore di cammino e l’assidua presenza di fastidiose mosche.

Purtroppo per rientrare alla base bisogna ripercorrere il tragitto all’inverso, se non vi sentite di emulare le gesta di Indy un mulo può alleviare la vostra discesa, anche se non sarà altrettanto gloriosa…

Ph. Tiberio Frascari

Pubblicato su Handbook Costa Smeralda, 26/06/2019

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