777 scalini. Tanti erano quelli che Axel Martin Fredrik Munthe, a 19 anni, salì per raggiungere Capodimonte e avere un’illuminazione. Là dove sorgevano terrazzamenti, vigne, alberi da frutto e una cappella medioevale in rovina avrebbe costruito il suo tempio. Ma dovettero passare alcuni anni per realizzare il suo sogno. Rientrato a Parigi, Axel Munthe si laureò in Medicina alla Sorbona, specializzandosi in ginecologia e ostetricia ma anche dedicandosi alla neurologia e alle malattie nervose. Si sposò due volte ed entrambe le volte si separò, per ritornare nel 1938 a Capri e iniziare a dar forma al suo progetto visionario.

Questo “animo errante”, come lo definì il suo biografo Bengt Jangfeldt, era nato nel 1857 a Oskarshamn, in Svezia, ed esercitò la professione di medico a Roma, Napoli e Londra oltre che nel suo Paese natale; fra i suoi pazienti c’erano le persone più in vista del bel mondo (fu medico personale nonché confidente della Principessa Viktoria di Svezia), ma non trascurava di curare i pazienti più poveri, fra i quali occuparono un ruolo significativo gli ammalati di colera di un convento napoletano. Munthe era un idealista, un uomo pieno di contraddizioni e di lungimiranza, che si era distinto sia per l’approccio innovativo delle sue terapie sia per essersi battuto in difesa dei più disagiati, degli omosessuali, dell’eutanasia e anche degli animali. Si occupò anche di ipnosi e dicevano che facesse miracoli.

La nascita di Villa San Michele

La figura di Munthe è circondata da un’aura di fascino e di mistero, e il suo amore per il neoclassicismo e il simbolismo si concretizzò nella costruzione di Villa San Michele, un autentico scrigno di opere d’arte perfettamente inserito nella natura rigogliosa e selvaggia di Capri. Lui stesso ne fu l’architetto assieme a una squadra di costruttori e artigiani locali, assistito per i disegni dall’artista Aristide Sartorio. La Villa oggi si presenta come un gioco continuo di chiaroscuri. All’interno dominano il bianco e il nero, all’esterno la natura preme con i colori della sua vegetazione: pini, cipressi, gigli africani, melograni caucasici, ortensie giapponesi, un raro mirto australiano e una betulla svedese esaltano la forza della natura fondendosi nell’architettura romantica dell’edificio.

La spettacolare collezione d’arte

Ispirandosi alla perfezione dei templi greci, la Villa accoglie opere straordinarie che non ci aspetteremmo di trovare a Capri. La prima grande sorpresa è una Sfinge di 3200 anni in granito rosso, collocata su una balaustra accanto alla cappella medievale. Come sia arrivata lì è un mistero, ma Munthe racconta di averla vista in sogno e di essere andato a cercarla in barca. “Tutto quello che avvenne è troppo strano e fantastico per essere tradotto in parole scritte, e poi non mi credereste se tentassi di farlo. Non so bene io stesso dove il sogno finisse e dove avesse principio la realtà. […] Interrogate la grande Sfinge di granito, che sta accovacciata sul parapetto della cappella di San Michele. Ma domanderete invano. La Sfinge ha mantenuto il suo segreto per 5000 anni. La Sfinge manterrà il mio”.

La collezione d’arte permea Villa San Michele di un’atmosfera fuori dall’ordinario: Munthe era affascinato particolarmente dal mondo greco e romano, di cui raccolse molti esemplari originali ed alcune copie, fra sculture, incisioni, bassorilievi, mosaici, sarcofagi e frammenti architettonici. Ovunque si percepisce la forza del genius loci e del suo incontro con la mitologia. Varcando la soglia della Villa entriamo nella Loggia delle sculture, avvolti dalla sua architettura e spiati attraverso le sue nicchie dalla vegetazione e da un panorama mozzafiato sul Golfo di Napoli. Qui si trova la magnifica Tavola Cosmatica, un prezioso mosaico datato tra il XII° e il XIII° secolo, e usato come lavatoio da alcune lavandaie di Palermo; Munthe lo barattò in cambio di uno nuovo e più funzionale. Poco più in là ci appare il Puteale, un’opera di rara fattura della prima età imperiale, realizzato in marmo bianco e decorato con motivi di frutta e ghirlande di foglie, tenuti insieme da teste di bue. Munthe lo ricevette in dono dalle suore di clausura di Napoli, che vollero ringraziarlo per essersi prodigato nelle cure ai malati di colera durante l’epidemia del 1884-85.

La passione per l’arte classica trabocca da ogni angolo: una testa scolpita di Ulisse, del I secolo d.C., è l’emblema della saggezza, un Priapo, copia dell’originale ritrovato durante gli scavi di Ercolano, è auspicio di fertilità e benessere sessuale. Il busto di Tiberio è uno dei tesori della collezione: scolpito in marmo venato, esprime la personalità contrastante dell’imperatore, indebolito dalle battaglie interne al Senato romano e al contempo temutissimo. Un altro dono ricevuto dalla città di Napoli è la statua di Mercurio a riposo o Hermes, attribuita a Lisippo, in cui la divinità è colta nell’attimo di riposare. Questa è una copia del XIX, l’originale si trova nel Museo Archeologico di Napoli. E ancora, uno dei pezzi più rappresentativi della collezione è la splendida Donna Romana con Bambino,datata tra il 13 a.C. e il 5 d.C., che probabilmente faceva parte di un più vasto rilievo commemorativo.

Mitologia e simbologia

Affascinato dalla simbologia egizia, Munthe collocò nella cappella di San Michele anche una rappresentazione di Horusfalco in diorite grigio-nera che risale al 1000 a.C. circa. Horus, figlio della dea Iside è simbolo regale del cielo, e il suo occhio vigila e protegge gli abitanti e i visitatori del luogo. Non altrettanto si può dire della Medusa in marmo bianco, con il suo sguardo assassino, che Munthe conservava nel suo studio, mentre in camera da letto gli faceva compagnia un più mite Hypnos, dio del sonno, fonte di ispirazione per i suoi problemi di insonnia e di riflessione per gli studi sull’ipnosi. Sempre nella stessa stanza si trovano una statua di Apollo e una piccola scultura di Narciso. Ma Munthe sapeva apprezzare anche gli aspetti gioiosi e seducenti della vita, e aveva un debole per un ritratto di Bacco dal sorriso allegro e infantile; era il dio del vino e dell’ebbrezza e ritratti dei suoi proseliti, liberi e selvaggi, sono diffusi per tutta la Villa. Negli anni ’20 Villa San Michele fu abitata anche dall’eccentrica marchesa Luisa Casati Stampa, regina delle cronache e dell’alta società dell’epoca, che portò le sue stravaganze a Capri. Ma presto Munthe se ne stancò e la allontanò dalla Villa. Resta di lei sul muro di una delle stanze il suo motto preferito: Oser Vouloir Savoir Se Taire.

L’equilibrio fra natura e architettura

Oltre a tanti altri magnifici reperti e oggetti d’arte che costellano la Villa, ciò che più salta all’occhio è il modo armonioso con cui ogni pezzo si fonde con l’altro, come l’architettura e la natura trovino un perfetto equilibrio, quello a cui Munthe tendeva nel suo mondo utopico denso di sogni, poesie e beneficenza.  

Nell’autobiografia romanzata La Villa di San Michele, un grande successo tradotto in 40 lingue, Axel Munthe narra la sua eclettica e turbolenta vita. È il racconto della felice realizzazione di un sogno, ma anche dei primi anni della sua vita – in un’Europa cancellata dalla Prima guerra mondiale e sull’orlo della Seconda – e in cui si coglie il suo sentimento profondo per ogni forma di vita, umana, animale o naturale che sia. La sua personale visione della medicina fu in controtendenza con le terapie dell’epoca, fondandosi soprattutto su cure semplici e naturali, che oggi sono ampiamente rivalutate. Sul nome di Axel Munthe tuttora aleggia un’aura di misticismo e di romanticismo che Villa San Michele mantiene intatta nel tempo. Con il suo testamento il medico-letterato donò la Villa alla Svezia, ma a condizioni che ospitasse “gratuitamente o a una tariffa appropriata, studenti, artisti, ricercatori, giornalisti e altri ospiti svedesi che si ritenga condividano i miei sentimenti per l’Italia e la cultura classica e, in generale, per gli studi umanistici”.

La Fondazione Axel Munthe ha fatto propria la missione del suo creatore e oggi porta avanti una fervida attività culturale e artistica accogliendo visitatori e studiosi da tutte le parti del mondo.

La mia casa sarà aperta al vento e alle voci del mare – come un tempio greco – e luce, luce, luce ovunque” Axel Munthe, La storia di San Michele

Pubblicato su Isola di Capri Portal, 03/03/2021

Ti potrebbe piacere: