La simbiosi fra archeologia e natura è la fonte di ispirazione di un eccezionale progetto di land art, che donerà nuova linfa all’area dell’Anfiteatro romano di Milano – uno dei più importanti e ricchi di rinvenimenti archeologici d’Italia – rievocandone le antiche glorie. PAN Parco Amphitheatrum naturae,  questo il nome del progetto, riporterà alla bellezza di un tempo l’antico anfiteatro, con un progetto di archeologia green che intende favorire il rapporto tra la cittadinanza e il sito, arricchendolo con interventi di contemporaneità. A delineare il sedime e l’orma dell’Anfiteatro sarà un grande un grande giardino ispirato ai viridaria antichi, con piantumazioni di 105 alberi, mq 1700 di siepi di bosso, ligustro e mirto in una rievocazione della pianta originale, seguendo un percorso anulare che delimiterà l’intera estensione dell’area destinata agli spettacoli. Il progetto, realizzato dall’architetto Attilio Stocchi, sarà presumibilmente ultimato per il 2022. Grazie ai lavori iniziati nel dicembre 2018, il Parco ha raddoppiato la sua estensione, da mq 12.500 a mq 22.300; ciò è stato possibile annettendo le aree limitrofe e abbandonate su via Conca del Naviglio e quelle su via Arena. In questo modo è stato recuperato l’intero sedime dell’Anfiteatro antico di 150 x 120 metri.

I lavori di scavo e la riqualificazione dell’area archeologica

Il progetto di PAN si pone l’obiettivo ambizioso di riqualificare l’intera zona, valorizzandone l’importanza strategica negli itinerari culturali e turistici della Milano romana. L’Anfiteatro, che risale al I sec. d.C., si trova nei pressi della Basilica paleocristiana di San Lorenzo Maggiore, costruita alla fine del IV secolo con i blocchi di pietra dell’Anfiteatro stesso, che sono ancora visibili nei sotterranei e accessibili ai visitatori dall’antico Mausoleo imperiale ottagonale – poi Cappella di Sant’Aquilino – di cui sono stati ultimati di recente i restauri. Anche l’eccezionale portale di età Flavia, ornato dalle corse di bighe e quadrighe guidate da divinità astrali, reimpiegato in Sant’Aquilino, proviene molto probabilmente dall’Anfiteatro. I lavori di scavo dell’area hanno permesso di rilevare la straordinaria perizia tecnica e gli accorgimenti statici adottati dagli architetti e dalle maestranze romane che si trovarono ad affrontare un terreno argilloso forse attraversato da canali. Per compensare il terreno limoso, e assicurare stabilità alle imponenti dimensioni dell’anfiteatro, i costruttori fecero ricorso a inedite soluzioni statiche, realizzando fondazioni in trincea con ciottoli e scaglie di pietra scura collocati a mano, su cui veniva fatta colare malta allo stato semiliquido in modo da penetrare gli interstizi e formare un conglomerato solidissimo e resistente nel tempo.

I rinvenimenti archeologici

L’Anfiteatro di Milano restò in uso almeno fino alla fine del IV secolo, ma già a quell’epoca non ospitava più gli spettacoli dei gladiatori sostituiti dai giochi di caccia di belve esotiche, le venationes, ed era in parte stato smantellato nell’anello esterno. Una grande quantità dei blocchi in ceppo d’Adda è stata utilizzata per il fossato esterno delle mura comunali e poi nei navigli. La spoliazione dell’Anfiteatro si protrasse nel tempo e fu sistematica. Gli scavi hanno evidenziato strutture ipogee sotto all’arena, pavimentate a mattoni, forse una galleria da cui far uscire le belve per i “ludi” o un canale per smaltire le acque. Alle estremità est e ovest sono state ritrovate le strutture del perimetro dell’ovale formato da due muri anulari collegati a tratti tra loro. Gli archeologi stanno catalogando e studiando l’ingente quantità di reperti di età pre-romana ritrovati negli scavi, e il deposito, precedente alla realizzazione dell’Anfiteatro, è il più consistente sinora ritrovato a Milano. Emergenza pandemica permettendo, con la visita guidata si potrà ammirare l’assetto dell’area ampliata che prefigura il nuovo Parco e per la prima volta verranno mostrati gli straordinari rinvenimenti degli scavi archeologici estesi ad ampie aree sinora inesplorate, che hanno portato alla luce consistenti e spettacolari strutture di fondazioni intorno all’arena: ben 14 muri radiali lunghi 17 metri e larghi 1,35 metri che formavano la corona a sostegno delle gradinate della cavea ovale, dove gli spettatori assistevano ai combattimenti dei gladiatori, e i resti dei muri di fondazione su cui sorgevano le 84 arcate che si elevavano all’esterno. I lavori, promossi e diretti dalla Soprintendente Antonella Ranaldi in accordo con il Comune di Milano, sono realizzati con finanziamenti del MiBACT e grazie ai contributi di sponsorizzazioni private.

Pubblicato su Handbook Costa Smeralda

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