Tutto il miele è finito è il libro che Carlo Levi (Torino 1902 – Roma 1975) ha dedicato alla Sardegna, raccontando i suoi due viaggi, nel maggio del 1952 e nel dicembre del 1962, e dando vita a un emozionante palinsesto di paesaggi naturali, poetici, culturali e politici. In questa sorta di diario di viaggio Levi indugia sulla difficile quotidianità dei suoi abitanti, cogliendone i volti e fotografando le zone più interne del territorio, con tutti i suoi miti e archetipi, in particolare nelle zone di Nuoro, Orgosolo e Orune. Il titolo Tutto il miele è finito si ispira al canto funebre di una madre a cui è stato assassinato il figlio e, paragonandolo al miele che non c’è più, testimonia i grandi cambiamenti della storia che hanno investito questa terra arcaica. Introducendo il libro, nel 1964, Carlo Levi lo paragonava a un ritratto: “Così, questo scritto, che non è né un saggio, né un’inchiesta, né un romanzo, ma un semplice, laterale capitolo di quella storia presente che tutti viviamo, o scriviamo, in noi e fuori di noi, mi sembra possa assomigliarsi piuttosto a un ritratto, a un tentativo, soltanto accennato e parziale, di ritratto di una persona conosciuta nel tempo, il cui viso racconta e comprende, oggi, i diversi momenti della sua storia. È, questa persona, soltanto la Sardegna?”

La mostra Carlo Levi: tutto il miele è finito. La Sardegna, la pittura

La mostra in corso al MAN, Museo d’Arte Provincia di Nuoro, fino al 19 giugno 2022, ricostruisce l’incontro fra l’artista e l’isola, in un’esposizione al contempo monografica e antologica, che occupa i tre piani del Museo. Come spiega la curatrice, Giorgina Bertolino, “il progetto della mostra inizia dalla rilettura di Tutto il miele è finito, un paesaggio-scritto che coinvolge e implica il corpo dell’artista, l’esperienza fisica sul terreno, il contatto con un passato amalgamato al suolo del presente, l’ascolto dei suoni, dei canti e delle voci delle persone. Tutto il miele è finito è un libro-paesaggio, della specie di quelle letture che oggi raccogliamo intorno alle nozioni capienti di antropologia del paesaggio e di ecologia della cultura. Oltre l’idea di un paesaggio pacificato, cristallizzato dalle retoriche della bellezza, i paesaggi sardi di Carlo Levi conservano intatta la loro capacità dinamica, cognitiva, politica”.

L’omaggio del MAN a Carlo Levi nei 120 anni dalla nascita, in occasione degli anniversari dei suoi due viaggi in Sardegna, consiste in un corpus di 89 opere tra dipinti, disegni e incisioni, datate dal 1925 ai primi anni Settanta e si avvale della collaborazione con la Fondazione Carlo Levi di Roma e dei prestiti di musei, collezioni pubbliche e private. Inoltre, l’esposizione è arricchita dal progetto speciale di residenza produttiva Ogni andare è un ritornare, realizzato dall’artista Vittoria Soddu con un triplice intervento concepito appositamente per il percorso espositivo e prodotto dalla Fondazione Sardegna Film Commission.

Autoritratti, fotografie, album di viaggio

Articolandosi su tre piani, la mostra propone un excursus nelle diverse fasi della vita e nelle esperienze pittoriche e letterarie di Carlo Levi. Le sale del piano terra del Museo accolgono tre autoritratti dell’artista (fra cui il celebre Autoritratto con la mano gialla del 1930) e ne raccontano i due viaggi in Sardegna, i cui resoconti furono pubblicati a puntate su L’Illustrazione Italiana e La Stampa, per poi essere raccolti in Tutto il miele è finito nel 1964. Una trentina di fotografie immortalano i paesaggi sardi degli anni Cinquanta intrecciandosi alle parole, con istantanee amatoriali e fotografie d’autore, cogliendo il fascino poliedrico dell’isola fuori dagli itinerari più noti, alla ricerca della vera essenza delle persone, della varietà della natura e delle città, e della sua storia archetipica. Inoltre, per la prima volta viene esposto un nucleo inedito di 10 fotografie dell’Album di viaggio di Carlo Levi del 1952, conservato nel Fondo fotografico della Fondazione Levi di Roma. Sono piccole stampe in bianco e nero a cui si affiancano le campagne fotografiche di Federico Patellani, scattate in Sardegna nel 1950 e in parte pubblicate a corredo di Viaggio in Sardegna, il primo articolo di Levi apparso su L’Illustrazione Italiana nel giugno 1952, e 10 fotografie dell’ungherese János Reismann del 1959 pubblicate nella versione tedesca di Tutto il miele è finito.

Le città del giovane Carlo Levi

Al primo piano del Museo sono presentati i dipinti datati dal 1925 al 1930 che illustrano le città in cui ha vissuto il giovane Levi: la natìa Torino, Parigi e Alassio, dove nella casa di famiglia sulla collina è ambientato Aria, un dipinto del 1929 appartenente alle collezioni della GAM di Torino. Questi quadri documentano la formazione di Levi come artista europeo e l’intenso dialogo con l’arte francese, ricomponendone la cerchia familiare e le sue amicizie, ad esempio con Padre a tavola del 1926, Figura etrusca del 1929 e Due signore del 1930. Seguendo l’evoluzione della grafia ondosa”, l’inconfondibile cifra stilistica che anima gli autoritratti e i ritratti dell’artista, le opere al secondo piano ripercorrono le stagioni successive, dai primi anni Trenta agli anni Settanta. Fra questi il Ritratto di Leone Ginzburg del 1933, il Paesaggio di Alassio e la Natura morta con pane francese.

Le opere di Carlo Levi, come una biografia, ci parlano del confino in Lucania, della guerra, della Liberazione e delle persone amate, dei luoghi, dei giardini e degli alberi, raffigurati nel ciclo dei Carrubi dei primi anni Settanta. Il ritratto per Levi è uno strumento di conoscenza, affettivo ed empatico, che si amplifica nelle opere dell’ultimo periodo, 12 carte appartenenti al “ciclo della cecità”. In seguito a un’operazione agli occhi, e disegnando al buio, l’artista si immerge nelle profondità dell’inconscio e della memoria, esplorando il proprio immaginario. “La mostra che il MAN di Nuoro ha dedicato a Carlo Levi nel centoventesimo anniversario della nascita indaga aspetti meno conosciuti della sua storia artistica e intellettuale, in linea con una volontà di ricerca che il museo ha dedicato negli ultimi anni alla riscoperta del proprio territorio – il mondo insulare del mediterraneo italiano – mediante i contributi di artisti e artiste di diversa provenienza e nazionalità che hanno dedicato parte significativa delle loro ricerche alla Sardegna, in un percorso che dal recente passato arriva sino al lavoro delle più giovani generazioni”, spiega Luigi Fassi nel catalogo della mostra.

Vittoria Soddu. Ogni andare è un ritornare

Con una rilettura nel presente del libro di Carlo Levi, Vittoria Soddu dà vita a un progetto speciale che è una pratica contemplativa del paesaggio ispirata dalla narrazione. Come sottolinea l’artista, il libro di Carlo Levi “invita a percorrere dei centri concentrici accompagnandoci da un capo all’altro dell’isola, a volte sovrapponendo accadimenti e sensazioni. È un testo che porta a non ricercare una rigida consequenzialità degli eventi; per accedere alla sua essenza labirintica è necessario accogliere questa impossibilità di tracciare una narrazione logica, con una sua cronologia cristallina”.

Il progetto dell’artista si sviluppa su tre lavori concepiti appositamente per la mostra, iniziando con un acquerello che anima la metamorfosi della donna in cornacchia nell’installazione video Back to back. Il video, in una delle sale del piano terra, anticipa l’eco del racconto suggerito nella traccia sonora Orune, al secondo piano, una rielaborazione di materiali d’archivio con la voce di Levi stesso e field recordings. Al terzo piano, il lavoro più corale: Ogni andare è un ritornare che restituisce in una forma filmica la lettura dell’opera di Levi in dialogo con il territorio e la sua comunità. “La scelta di Vittoria Soddu, artista che lavora nel campo ibrido fra performance, moving image e sound sculpture è guidata da un approccio più sperimentale di raccordo con il pubblico. Il nostro team di produzione si è messo al servizio del percorso creativo di un’artista così innovativa secondo un principio di accostamento, sovrapposizione e contaminazione di linguaggi diversi. Una sfida per i futuri format, da sperimentare con i nuovi spettatori e le nuove piattaforme, creando insieme una nuova visione di Sardegna”, conclude Gianluca Aste, presidente di Fondazione Sardegna Film Commission.

Pubblicato su Handbook Costa Smeralda il 30/03/2022

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