Nella mitologia norrena le Valchirie sono divinità guerriere al servizio del dio Odino e accompagnano nel Walhalla gli eroi più valorosi caduti in battaglia. Ispirata dal ruolo di queste potenti figure mitologiche, l’artista portoghese Joana Vasconcelos ha deciso di dedicare il suo nuovo lavoro a una donna che si è distinta nella società per l’impegno nella liberazione dai pregiudizi, dal maschilismo e dalla schiavitù.

Conosciuta a livello internazionale, Vasconcelos utilizza oggetti di uso quotidiano decontestualizzandoli e facendoli diventare simboli della realtà contemporanea di cui denuncia le sopraffazioni e le dinamiche alterate. L’artista è particolarmente attratta dalle storie personali e collettive delle donne che hanno lasciato il segno nella società, e realizza opere monumentali dalla forma libera, organica, adattandole al contesto architettonico con un risultato di forte impatto visivo e tattile.
Grandi esibizioni hanno decretato il suo successo: dalla Biennale di Venezia nel 2005 con The Bride e la realizzazione del padiglione del Portogallo nel 2013, alla mostra Contamination, nell’atrio di Palazzo Grassi (2011-12). La personale al Château de Versailles nel 2012 ha raggiunto un record di 1,6 milioni di visitatori e nel 2018 il Guggenheim di Bilbao ha celebrato l’artista con una grande retrospettiva.

La storia di Elizabeth “Mumbet” Freeman
Con il suo nuovo progetto, Vasconcelos ha voluto rendere omaggio alle donne che hanno in qualche modo contribuito alla storia del Massachusetts, e fra una lista di poetesse, infermiere, benefattrici, sportive e attiviste che le ha fornito il MassArt Art Museum (MAAM) di Boston, ha scelto la coraggiosa figura di Elizabeth “Mumbet” Freeman per realizzare l’installazione Valkirie Mumbet.
“Mumbet” è stata la prima donna schiavizzata dalla nascita che pur non sapendo né leggere né scrivere ha usato ingegno e determinazione per ottenere la libertà, intentando una causa contro il suo padrone. Per liberarsi dalla schiavitù si è appellata alla Costituzione del Massachusetts secondo la quale “tutti gli uomini nascono liberi ed uguali, e possiedono diritti naturali, essenziali e inalienabili”. Con la vittoria legale nel 1781, Mumbet ha stabilito un precedente che ha portato all’abolizione della schiavitù nello Stato, e in seguito ha adottato il cognome Freeman. Dopo essersi “liberata” si è impegnata attivamente a favore della sua comunità e ha iniziato a lavorare come domestica per il suo avvocato, e con i risparmi è riuscita a comprarsi una casa a Stockbridge, nel Massachusetts.

Alle origini dell’installazione Valkirie Mumbet
Spinta dalla grande ammirazione per la Freeman, con Valkirie Mumbet Vasconcelos ha cercato di creare una connessione tra spazio, tempo e cultura, con la speranza che la vicenda diventi esempio e guida per chi come lei vuole cambiare il corso degli eventi.
Per realizzare l’opera, l’artista ha attinto all’esperienza personale e alla sua vasta collezione di tessuti provenienti da tutto il mondo. L’installazione è realizzata con vari manufatti – pizzi, ricami, lavori a maglia e all’uncinettopon pon e tessuti – tra cui le capulane del Mozambico, l’ex colonia portoghese dove crebbero i suoi genitori. Il Portogallo ebbe un ruolo importante nella schiavitù transatlantica, e la storia della capulana si intreccia con il commercio e la colonizzazione del Paese, in quanto simbolo di orgoglio etnico e di resilienza. Da quando ha ottenuto l’indipendenza dal Portogallo nel 1975, il Mozambico ha visto un fiorire di designer locali che hanno recuperato le capulane e rivitalizzato le industrie tessili; presentando questi tessuti Vasconcelos mette in luce sia la loro bellezza intrinseca, sia la loro complessità storica e interculturale.
Valkyrie Mumbet è un’esperienza sensoriale, un omaggio a Mumbet e una celebrazione della libertà, ma anche una riflessione sul ruolo della legge nei cambiamenti sociali e sulla storia dell’industria tessile. E il MassArt Art Museum si rivela uno spazio privilegiato per comunicare i cambiamenti in atto. Come sottolinea Lisa Tung, Direttore esecutivo del Museo: “Abbiamo creato il MAAM per offrire un’esperienza accogliente e coinvolgente che renda accessibile l’arte contemporanea, dove tutti possono venire a scoprire qualcosa che non hanno mai visto prima. Siamo entusiasti di invitare la comunità e di stare di nuovo insieme”.
E senz’altro questa installazione è qualcosa in più, è un inno alla libertà, all’arte contemporanea e alla voglia di cambiare il mondo.

Pubblicato su Handbook Costa Smeralda, 25/10/2021

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